SINISTRA DEMOCRATICA: PROBLEMI E PROSPETTIVE
di
Carlo Dore jr.
1) OLTRE IL PARTITO DEMOCRATICO; 2) C’E’ BISOGNO DI “SINISTRA”: DAL CAIMANO A PRODI, PERDITA DI CONSENSI E PERDITA DI IDENTITA’; 3) FASSINO, RUTELLI, BAYROU E SEGOLENE; 4) SINISTRA DEMOCRATICA: IDENTITA’ E RINNOVAMENTO NEL SEGNO DEL “SOCIALISMO GENTILE”.
1) OLTRE IL PARTITO DEMOCRATICO
La conclusione della lunga stagione congressuale che ha coinvolto i principali partiti del centro-sinistra impone di formulare alcune riflessioni in ordine alle conseguenze che le scelte assunte dai vertici dell’Unione potranno avere sugli equilibri interni alla coalizione che sostiene il Governo.
In particolare, di fronte alle incertezze che tuttora caratterizzano la futura collocazione del Partito Democratico, i militanti che hanno scelto di non aderire alla proposta avanzata da Rutelli e Fassino hanno il dovere di interrogarsi sulla effettiva possibilità di dare vita ad un’alternativa credibile al nuovo soggetto politico. In altre parole, occorre comprendere se, oltre le Colonne d’Ercole del Partito Democratico, esiste spazio per una forza politica in grado di rappresentare davvero i valori della sinistra tradizionale, favorendo la coesione di tutte le forze progressiste presenti nel Paese.
2) C’E’ BISOGNO DI “SINISTRA”: DAL CAIMANO A PRODI, PERDITA DI CONSENSI E PERDITA DI IDENTITA’.
Alcuni passaggi della relazione pronunciata da Diliberto durante l’assise del suo partito hanno messo in luce una volta di più una necessità già emersa in tutta la sua evidenza nei dibattiti che hanno preceduto la kermesse del Mandela Forum: l’Italia ha bisogno di una sinistra forte, di una sinistra capace di difendere in maniera incisiva quell’insieme di valori (quali quello della giustizia, della laicità, della tutela del lavoro, dell’equità sociale) che da sempre rappresentano il sostrato ideologico sulla base dei quali sono stati gradualmente elaborati i principi su cui si fonda il moderno socialismo europeo.
La vertiginosa escalation di morti sul lavoro, l’assenza di misure idonee a mettere i magistrati nella condizione di svolgere con la necessaria efficienza le prerogative ad essi attribuite dalla Carta Costituzionale, la manifesta incapacità dei leaders dell’Ulivo di rispondere agli anatemi quotidianamente scagliati in confronto delle Istituzioni democratiche da una Chiesa sempre più integralista nelle sue posizioni non sono altro che semplici indici rivelatori della sussistenza di una simile necessità.
Dopo i tristi cinque anni di governo del Caimano, gli elettori hanno conferito a Prodi il preciso mandato di caratterizzare l’azione del suo governo attraverso una forte discontinuità rispetto alle determinazioni assunte dal precedente Esecutivo. Questa speranza è però rimasta finora delusa, anche in considerazione del fatto che sul Governo in carica hanno finito con l’incidere per forza di cose le incertezze e le ambiguità serpeggianti all’interno dei DS, eternamente sospesi tra l’esigenza di difendere l’eredità di Gramsci e Berlinguer e la tentazione di assecondare le pulsioni neoliberiste di alcuni loro esponenti.
Così, mentre D’Alema continua ad individuare in Berlusconi “l’interlocutore credibile” (sic!) con cui avviare un sereno confronto istituzionale, non solo i parlamentari dell’Ulivo ancora non hanno disposto l’allontanamento del condannato Previti dai banchi di Montecitorio, ma hanno accettato passivamente che il ministro Mastella attribuisse un incarico di primo piano a quel sodale dello stesso Cavaliere di Arcore che (non più di dieci anni fa) manifestava l’intendimento di “impiccare Borrelli ad un pennone”.
Di fronte alla mancata abrogazione delle leggi ad personam, alle incertezze che circondano l’approvazione della legge sul conflitto di interessi, ad una strategia di coalizione nel complesso poco convincente in quanto priva di un’impostazione ideologica chiara, il malcontento del popolo progressista ha trovato nei fischi degli operai di Mirafiori e nelle dure parole pronunciate da Epifani al cospetto dello stato maggiore diessino la sua più chiara rappresentazione.
In particolare, il messaggio proposto dal Segretario della CGIL è caratterizzato da un significato apparso ai più inequivocabile: c’è bisogno di sinistra, per riconquistare i consensi perduti nell’elettorato e per superare la condizione di profonda delusione in cui i militanti dei principali partiti dell’Unione attualmente versano.
3) FASSINO, RUTELLI, BAYROU E SEGOLENE
Le istanze proposte da componenti storiche dell’elettorato non sono state però in questi anni assecondate dai vertici della Quercia, i quali, dando formalmente avvio al processo di fusione con la Margherita, hanno manifestato l’intendimento di fondare il nascente Partito Democratico proprio su quella instabile palude di contraddizioni ed incertezze in cui gli stessi DS hanno disperso, dal 1996 ad oggi, approssimativamente tre milioni di voti.
Come in precedenza accennato, la collocazione internazionale del Partito Democratico costituisce, non a caso, ancora un mistero degno del più intricato romanzo giallo, destinato però a risolversi non già grazie ad un colpo di scena degno di Agatha Christie, ma più semplicemente attraverso la squallida ed italianissima tendenza all’inciucio.
Mentre infatti gli esponenti della mozione – Fassino si sono affannati a spiegare , nel corso dei vari congressi di sezione, a platee sempre più annoiate e rassegnate che il PD non potrà che costituire una componente imprescindibile del socialismo europeo , il nettissimo “mai nel PSE” con cui Rutelli si è guadagnato l’ovazione del popolo dei teodem collide perfino con la prospettiva di “andare oltre il PSE” delineata nell’approssimativo manifesto redatto dagli ormai famosi dodici saggi.
Da questa intricata sequenza di proclami, rettifiche, smentite e controsmentite, una sola verità sembra emergere con chiarezza: il modello di riferimento a cui il PD risulta ispirato nella sua realizzazione è al momento identificabile più nel Partito Democratico americano che nelle grandi forze politiche della tradizione progressista europea. Così ragionando, sembra difficile contestare l’assunto in base al quale il PD non risulterà qualificabile come un partito di sinistra, posto che i Democratici americani sono portatori di un patrimonio ideologico e culturale non coincidente con quello che tuttora caratterizza le più importanti realtà della sinistra in Europa.
La correttezza di questa affermazione trova ulteriore conferma nelle vicende che hanno caratterizzato le ultime fasi della campagna per le elezioni presidenziali in Francia: premesso che Rutelli e Prodi non hanno fatto mistero di sostenere la candidatura del moderato Francois Bayrou nella corsa all’Eliseo, lo stesso leader centrista (pur rendendo palese il suo intendimento di “non votare per Sarkozy” in occasione del turno di ballottaggio) non ha del pari offerto il suo pieno appoggio a Segolene Royale proprio in considerazione del fatto che il “suo” Partito Democratico intende porsi in una condizione di sostanziale “equidistanza” tanto dai gaullisti quanto dalle forze che afferiscono alla Gauche.
4) SINISTRA DEMOCRATICA: RINNOVAMENTO E IDENTITA’ NEL SEGNO DEL “SOCIALISMO GENTILE”.
Una volta chiarito, sulla base degli argomenti appena esposti, che il PD sembra destinato ad assumere un impostazione di stampo fondamentalmente liberaldemocratico, risulta evidente come questo nuovo soggetto politico non sarà per sua natura in grado di assecondare quel “bisogno di sinistra” a cui si è in precedenza fatto riferimento.
In tal senso, l’idea di Fabio Mussi di dare vita ad un movimento della “Sinistra democratica” non può che essere ispirata al perseguimento di un duplice obiettivo: da un lato, il disegno elaborato dal Ministro dell’Università mira ad inserire nel panorama politico italiano una forza che, collocandosi appunto a sinistra del PD, possa costituire un punto di riferimento per tutti quegli elettori i quali, in ragione delle idee di cui tuttora sia affermano portatori, rifiutano di accordare la loro fiducia ad un semplice cartello elettorale frutto di una pura soluzione di compromesso. D’altro lato, il progetto in questione vuole contribuire a creare un clima dell’unità tra le varie realtà progressiste presenti nel Paese, nel tentativo di superare quella condizione di storica frammentarietà che, dal congresso di Livorno del 1921, da sempre contraddistingue la sinistra italiana.
Così concepito, il progetto della Sinistra democratica deve per forza di cose essere attuato alla luce di due valori fondamentali: quello dell’identità e quello del rinnovamento. Rimanendo fortemente ancorato al già descritto sistema di valori che costituisce il patrimonio ideologico e politico della c.d. sinistra tradizionale – sistema di valori rappresentato al meglio dalle scelte che hanno caratterizzato l’azione di uomini come Gramsci, Berlinguer, Pertini e Salvador Allende - , il movimento a cui l’attuale minoranza diessina intende dare vita guarda con orgoglio al proprio passato per poter individuare con coerenza gli obiettivi futuri, nel tentativo di dare attuazione anche in Italia a quella forma di “socialismo gentile” attraverso cui Zapatero ha avviato (con riferimento a materie come i diritti civili, le pari opportunità, la libertà di informazione) una vera e propria rivoluzione culturale nell’abito della, pur rigidissima, società spagnola.
Sotto un diverso aspetto, si è più volte avuto modo di rilevare come l’attuale crisi dei DS sia in realtà qualificabile come la crisi di quel gruppo dirigente che, reggendo da sedici anni le sorti della Quercia, non ha esitato ad affogare il partito in una sorta di indecifrabile contenitore moderato pur di continuare ad assicurare ai suoi esponenti prestigio e visibilità.
Dopo avere assecondato le logiche di un sistema elettorale perverso nei suoi meccanismi funzionali, i vertici del Botteghino si sono dimostrati per lo più indifferenti alle istanze che venivano quotidianamente avanzate da iscritti e militanti, imponendo candidature per lo più insostenibili anche a discapito di personalità eminenti la cui unica colpa consisteva nel fatto di non essere contigue a determinati centri di potere. Le conseguenze di un simile modus operandi possono essere ravvisate proprio negli avvenimenti che scandirono la folle notte del 10 aprile dello scorso anno, in cui il centro-sinistra rischiò di perdere in maniera rovinosa un’elezione universalmente considerata già vinta.
Favorendo l’inserimento in posti di responsabilità di soggetti provenienti da vari settori della c.d. società civile (come il mondo della scuola, dell’università o delle libere professioni), l’esperienza di Sinistra Democratica può costituire in questo senso il momento iniziale di quella fase di rinnovamento della politica italiana di cui da troppo tempo si auspica l’attuazione.
Rinnovamento, identità, e socialismo gentile: un nuovo treno è pronto a partire su un binario parallelo a quello che governa la folle corsa del Partito Democratico verso il centro moderato. C’è bisogno di sinistra: che questa necessità non resti ancora una volta inevasa.
Nessun commento:
Posta un commento