dal sito www.altravoce.net
L'avventata liquidazione del socialismo,quel PD che piace a Berlusconie il mondo che non aspetta lezioni da noi
di
Pietro Maurandi
Dopo le elezioni amministrative, scartabellando fra gli appunti, ho trovato qualche riflessione sui congressi nazionali dei DS e della Margherita. Il commento più fulminante sulla relazione di Fassino è stato quello di Berlusconi. «Se questo è il PD, mi iscrivo anch'io», pare che abbia detto. Come dire che in un partito senza identità ci può stare chiunque, anche il leader dello schieramento avversario.
La relazione più sincera è stata quella di Rutelli, il quale ha rilevato che non esiste solo la destra e la sinistra (ohibò) ma anche il centro. Fin qui niente di sconvolgente. Ma naturalmente voleva dire e ha detto che lui vuole stare al centro. Fin qui è tutto legittimo e i conti tornano, per la Margherita. Non tornano più per i Ds, che vorrebbero/dovrebbero portare nel nuovo partito le ragioni della sinistra.
La cosa più fastidiosa è l'accusa di essere nostalgico del passato rivolta a chi dice che l'appartenenza al socialismo europeo è determinante. Ma quale passato? Il socialismo europeo è una cosa ben viva, rappresenta davvero l'alternativa alla destra in tutti i grandi paesi europei. Non mi pare che in nessuno di essi si pensi di liquidare i partiti socialisti. Blair ha rivoltato il partito laburista come un calzino, Zapatero sta rivoltando la Spagna, i socialisti francesi hanno tentato una difficile rimonta, la socialdemocrazia tedesca ha scelto la grande coalizione. Scelte diverse e fra loro contrastanti, ma nessuno si sogna di liquidare i partiti socialisti.
E allora chi sostiene l'appartenenza al socialismo europeo non esprime nostalgia del passato ma ha in mente il presente e il futuro. Che cosa dire invece di chi si richiama agli antichi valori del socialismo ma non ritiene determinante per il nuovo partito la sua adesione al socialismo europeo? Che proprio lui è un nostalgico del passato: per lui il socialismo è retorica dei valori e nient'altro.
La cosa più provinciale è l'affermazione che non si vuole aderire al socialismo europeo perché si vuol fare una cosa originale italiana, e con essa modificare il socialismo europeo e l'internazionale socialista. Insomma, dovremmo dare lezioni al mondo. È un sogno, una farneticazione dalla quale sarebbe meglio svegliarsi. Non c'è nessuno nel mondo, tanto meno in Europa, che aspetta con ansia di copiare dalle nostre esperienze. Non nella politica e non in altri campi.
È vero il contrario: siamo noi che dobbiamo con umiltà prendere lezioni dagli altri. Così nella scuola e nell'Università, nei trasporti, nella giustizia, negli ospedali, nella ricerca, nella pubblica amministrazione, nella finanza pubblica, nella capacità dell'economia di affrontare le sfide della globalizzazione, perfino nell'organizzazione degli europei di calcio. Rassegniamoci, non c'è nessuno che aspetta lezioni da noi. E perché dovrebbero? Siamo - fra i grandi paesi europei - il più disastrato, in politica e in economia.
La cosa più deprimente è che, dopo la sonora sconfitta nelle elezioni amministrative, incomincia il balletto per accelerare la nascita del PD e l'elezione del leader, come se la sconfitta dipendesse dal fatto che il PD ancora non c'è. Ci si accapiglia sulle date, non più ottobre ma addirittura luglio, per incominciare a operare… nel mese di agosto. Non solo, c'è chi propone di eleggere il leader (segretario? coordinatore? mezzafigura? notaio? speaker?) prima dell'assemblea costituente, cioè prima che nasca ufficialmente il partito, ma c'è anche chi propone di eleggerlo dopo, chi vuole Prodi e chi non lo vuole. Certo le idee non mancano, la cosa difficile è trovarne una sensata.
E poi a nessuno, proprio a nessuno dei dirigenti del PD viene in mente una cosa elementare e immediata: che hanno fatto una sciocchezza! Non li coglie nemmeno il dubbio, che è il sale del pensiero.
La cosa più triste è vedere tante persone per bene che sinceramente credono a tante cose belle e positive sul PD, cose che semplicemente non esistono. Tante persone convinte e trascinate da gruppi dirigenti che, invece di rinnovarsi, inventano nuovi contenitori destinati a contenere sempre gli stessi.
La relazione più sincera è stata quella di Rutelli, il quale ha rilevato che non esiste solo la destra e la sinistra (ohibò) ma anche il centro. Fin qui niente di sconvolgente. Ma naturalmente voleva dire e ha detto che lui vuole stare al centro. Fin qui è tutto legittimo e i conti tornano, per la Margherita. Non tornano più per i Ds, che vorrebbero/dovrebbero portare nel nuovo partito le ragioni della sinistra.
La cosa più fastidiosa è l'accusa di essere nostalgico del passato rivolta a chi dice che l'appartenenza al socialismo europeo è determinante. Ma quale passato? Il socialismo europeo è una cosa ben viva, rappresenta davvero l'alternativa alla destra in tutti i grandi paesi europei. Non mi pare che in nessuno di essi si pensi di liquidare i partiti socialisti. Blair ha rivoltato il partito laburista come un calzino, Zapatero sta rivoltando la Spagna, i socialisti francesi hanno tentato una difficile rimonta, la socialdemocrazia tedesca ha scelto la grande coalizione. Scelte diverse e fra loro contrastanti, ma nessuno si sogna di liquidare i partiti socialisti.
E allora chi sostiene l'appartenenza al socialismo europeo non esprime nostalgia del passato ma ha in mente il presente e il futuro. Che cosa dire invece di chi si richiama agli antichi valori del socialismo ma non ritiene determinante per il nuovo partito la sua adesione al socialismo europeo? Che proprio lui è un nostalgico del passato: per lui il socialismo è retorica dei valori e nient'altro.
La cosa più provinciale è l'affermazione che non si vuole aderire al socialismo europeo perché si vuol fare una cosa originale italiana, e con essa modificare il socialismo europeo e l'internazionale socialista. Insomma, dovremmo dare lezioni al mondo. È un sogno, una farneticazione dalla quale sarebbe meglio svegliarsi. Non c'è nessuno nel mondo, tanto meno in Europa, che aspetta con ansia di copiare dalle nostre esperienze. Non nella politica e non in altri campi.
È vero il contrario: siamo noi che dobbiamo con umiltà prendere lezioni dagli altri. Così nella scuola e nell'Università, nei trasporti, nella giustizia, negli ospedali, nella ricerca, nella pubblica amministrazione, nella finanza pubblica, nella capacità dell'economia di affrontare le sfide della globalizzazione, perfino nell'organizzazione degli europei di calcio. Rassegniamoci, non c'è nessuno che aspetta lezioni da noi. E perché dovrebbero? Siamo - fra i grandi paesi europei - il più disastrato, in politica e in economia.
La cosa più deprimente è che, dopo la sonora sconfitta nelle elezioni amministrative, incomincia il balletto per accelerare la nascita del PD e l'elezione del leader, come se la sconfitta dipendesse dal fatto che il PD ancora non c'è. Ci si accapiglia sulle date, non più ottobre ma addirittura luglio, per incominciare a operare… nel mese di agosto. Non solo, c'è chi propone di eleggere il leader (segretario? coordinatore? mezzafigura? notaio? speaker?) prima dell'assemblea costituente, cioè prima che nasca ufficialmente il partito, ma c'è anche chi propone di eleggerlo dopo, chi vuole Prodi e chi non lo vuole. Certo le idee non mancano, la cosa difficile è trovarne una sensata.
E poi a nessuno, proprio a nessuno dei dirigenti del PD viene in mente una cosa elementare e immediata: che hanno fatto una sciocchezza! Non li coglie nemmeno il dubbio, che è il sale del pensiero.
La cosa più triste è vedere tante persone per bene che sinceramente credono a tante cose belle e positive sul PD, cose che semplicemente non esistono. Tante persone convinte e trascinate da gruppi dirigenti che, invece di rinnovarsi, inventano nuovi contenitori destinati a contenere sempre gli stessi.
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