martedì 12 giugno 2007

Giuseppe Fiori tra giornalismo e passione storica

di

Gianluca Scroccu

La figura di Giuseppe Fiori è stata ricordata sabato 9 giugno in un bel convegno organizzato a Nuoro a quattro anni dalla sua scomparsa. In Sardegna diversi comuni hanno dedicato a questo grande protagonista della cultura e del giornalismo italiano piazze e vie; un viale in suo nome fu voluto anche dal sindaco di Roma Veltroni qualche tempo fa.
Non ci siamo mai conosciuti di persona, ma via telefono, nel marzo 2001, dopo che avevo scritto una lettera al quotidiano “L’Unione Sarda” nei giorni infuocati della polemica sul caso sollevato dalla trasmissione "Satyricon" e dal libro di Marco Travaglio "L'odore dei soldi" . Nella lettera ricordavo che proprio l’ex vicedirettore del TG2 nel libro "Il Venditore. Storia di Silvio Berlusconi e della Fininvest", pubblicato da Garzanti nel 1995, aveva ben sei anni prima ricostruito la vicenda personale e pubblica dell'allora capo dell'opposizione. Fui molto sorpreso di ricevere, quel pomeriggio, una telefonata proprio di Fiori che, avendo letto la lettera, voleva ringraziarmi; fu molto gentile e parlammo anche di altre cose, della mia tesi di laurea su Pertini, della mia volontà di provare il dottorato di ricerca con una tesi sul PSI negli anni del centro-sinistra (che lui, da vecchio socialista, incoraggiò). Parlammo anche dei suoi libri, e delle sue biografie in particolare.
Quei volumi che solo lui sapeva scrivere, fondendo mirabilmente la storia e il racconto, il documento d’archivio e la testimonianza diretta. Del resto, le opere biografiche non sono molto amate dalla storiografia accademica italiana (o almeno, non quanto in ambiente inglese), e, spesso, tocca ai giornalisti colmare questa lacuna.
Le vite di Gramsci, di Lussu, di Berlinguer, dell'anarchico Schirru, della famiglia Rosselli, di Ernesto Rossi e di Berlusconi (unico politico vivente al quale Fiori abbia dedicato una biografia, fatto non da poco, del quale, se fossi nei panni dell’ex Presidente del Consiglio, mi vanterei ben più di un'amicizia con un Putin o un Bush) da lui scritte non sono semplicemente la narrazione di fatti ed eventi della storia. Sono racconti di esistenze piene di passioni e drammi, di idealità ma anche di incomprensioni e di oblii ingiustificati; non era forse questo il destino di un personaggio come Ernesto Rossi (uno degli italiani più importanti della storia del Novecento, il cui impegno civile tanto ha ancora da dire specie ad una sinistra "in cerca d'autore"), se la biografia di Fiori, pubblicata da Einaudi, non ne avesse riscoperto l'attualità? O il caso di Gramsci, di cui il suo biografo ha costruito un ritratto così denso e drammatico, “con i tuffi nel sangue e nella carne”, da superare indenne quasi quarant'anni e conservare ancora la sua bellezza letteraria (personalmente, sono convinto che se il nome di Gramsci non è stato inserito nella lista nera dei personaggi della storia della sinistra, e del PCI in particolare, un pò lo si deve anche a questo ritratto del pensatore di Ales uscito per i tipi di Laterza).
Una storia, quindi, quella narrata da Fiori, come ricostruzione di fatti ma anche come memoria da conservare, sulla quale riflettere perchè non si ha futuro senza radici.
Radici, non radice; perché accanto ai “comunisti umanisti” Gramsci e Berlinguer c’è anche il socialista liberale Rosselli, o il progressismo liberale di Ernesto Rossi, o la fermezza e l’eroismo del “cavaliere di razza fenicia” Emilio Lussu, o, ancora, l’anarchismo candido e quasi fanciullesco di Michele Schirru. La ricostruzione di una sinistra plurale e dalla storia tormentata, ma percorsa da un filone unitario che oggi ci pare quanto mai attuale.
Per non parlare di un altro suo libro importante come “Uomini ex”, la storia dei comunisti a Praga nel dopoguerra, l’opera che insieme a “Mistero napoletano” di Ermanno Rea forse riesce come poche altre a rappresentare le illusioni e le speranze di un pezzo della sinistra italiana che fu, gli slanci generosi insieme ai settarismi spietati, la generosa volontà di cambiare il mondo e l’ottusa burocratizzazione del socialismo.
Ed è giusto ricordare, proprio in questo discorso sulla memoria da conservare e studiare, che il senatore della sinistra indipendente Giuseppe Fiori è stato promotore, insieme al senatore e storico socialista Gaetano Arfè, di una legge speciale che ha accelerato i tempi della accessibilità dei fondi archivistici del Tribunale Speciale fascista versati all'Archivio Centrale dello Stato, permettendo così l'avvio di tante ricerche.
Questo era Giuseppe Fiori, il suo impegno civile e il suo giornalismo: passione, rigore, capacità di fare inchieste, ascoltare Mesina o i pescatori di Cabras senza preconcetti ma con la voglia di ascoltare e interrogare, recarsi sul posto e testimoniare, per poi raccontare e aiutare il lettore o il telespettatore a comprendere e a interrogarsi, a porsi dei dubbi, a non prendere pacchetti preconfezionati di notizie come oggi vediamo in TV o leggiamo su molti giornali.
Il giorno della sua morte ricordo di aver visto su “Blob” un pezzo in cui un noto direttore di telegiornale chiedeva ad una sua giornalista (?) di spiegare ai telespettatori il ruolo di Donald Rumsfield all’interno dell’amministrazione americana. Nessuna risposta, solo occhi sbarrati e un imbarazzante mutismo (che, peraltro, si sarebbe trasformato in straripante loquacità nella successiva rubrica di gossip, quando la telegiornalista si sarebbe dimostrata ben più preparata sull’ultima love-story della letterina di turno). Piaccia o no, anche questa è l’Italia e l’informazione nel nostro paese oggi; certo siamo un po’ tristi che non ci siano più uomini come Peppino Fiori a raccontarcela, ma siamo lo stesso speranzosi perché ci ha lasciato in eredità i suoi libri e i suoi scritti, che rimangono e rimarranno alla collettività per aiutarla a conoscere il passato e, quindi, a capire meglio il presente. E, di questo, gli saremo sempre grati.

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