dal sito www.altravoce.net
Sinistra democratica, statuto oligarchicoda movimento ad associazionecon vertici dediti alla crio-conservazione
di
Veronica Marongiu
Lo statuto provvisorio di Sinistra Democratica è stato pensato dall'assemblea dei soci fondatori e approvato dal comitato promotore. Vi invito a leggerlo.
Ho rispetto del lavoro degli altri. Ma qualcosa su questo documento vorrei dirla anch'io. Non lo condivido. Non condivido l'impostazione fortemente verticistica che è stata data all'organizzazione. Questo statuto non ha nulla a che vedere con l'idea di movimento che parte dal basso, coinvolgendo persone della società civile. Che è quanto si è abbondantemente ripetuto fino ad ora. Perché le parole finora sono state bellissime. Ma i fatti, gli atti, gli scripta, che manent e dettano le regole, sono bruttissimi. E tradiscono le premesse e le aspettative. Senza pietà.
Leggendo lo statuto, parte della robusta fiducia che avevo riposto nel progetto di SD mi è venuta a mancare. Comincia a serpeggiare nel mio animo l'orrendo sospetto che tutta l'operazione SD, al pari di quella per il PD, sia un processo di crioconservazione a beneficio di qualche depositario della Verità politica, impegnato soprattutto e tutt'al più a difendere e rinsaldare le posizioni di un qualche suo luogotenente. E bisogna dire che in Sardegna, da questo punto di vista, non ci siamo fatti mancare nulla.
Ma voglio essere ottimista e pensare che siamo ancora in tempo a correggere il tiro. Ricordo perfettamente la giornata del 5 maggio a Roma e il bel clima che tutti abbiamo respirato, allargando bene i polmoni per ossigenarli con la fondata speranza che una politica diversa, una politica migliore fosse possibile. Tutte quelle belle parole sulla rivoluzione culturale politica e sulla partecipazione buttate al vento!
E sì che Salvi l'aveva preannunciato: «Non vi deluderemo!». Quanto ha stonato quella frase con tutto il resto! Come se noi fossimo nelle loro mani, alla stregua di soggetti poco pensanti in attesa del Verbo. Ecco la fine che ha fatto la concezione democratica del movimento … All'apparir del vero tu, misera, cadesti …
Per entrare nel merito della questione, comincio ad analizzare il ruolo degli iscritti, ovvero di tutte quelle persone che, aderendo al movimento, devono farsi, a mio modo di pensare, democraticamente protagoniste del movimento stesso. Ebbene, il ruolo concepito nello statuto per gli iscritti è a dir poco fondamentale: essi hanno il diritto di partecipare all'attività dell'Associazione (… ma non era un movimento?) e, mano al portafogli, annualmente, l'obbligo di versare la quota di iscrizione.
Dette così, senza specificare altro, le parole “attività dell'Associazione”, chissà perché, mi evocano l'immagine del popolo grondante di sudore impegnato ad arrostire salsicce alle feste, o con le bolle ai piedi dopo una bella giornata di volantinaggio; o anche l'immagine della parte un po' più intellettuale del popolo, impegnata in interminabili discussioni, leggermente fine a se stesse, su temi, però, alquanto importanti. Quest'ultima immagine prende concretezza grazie alle delucidazioni di un articolo successivo, dove si dice che territorialmente ci si può persino organizzare in circoli di studio o tematici.
In fondo, che cosa dovrei aspettarmi da persone cresciute politicamente nei DS? L'impostazione mentale è quella. Non si riesce proprio a concepire, se non a parole, il cambiamento vero delle cose.
Poi c'è questo bell'organismo denominato “Comitato Promotore” che è ingessato nelle figure dei delegati nonché de-le-ga-te al congresso DS. Ed è qua che in realtà gli autori dello statuto danno fondo al concetto di “movimento allargato alla società civile” (di più, evidentemente, non si poteva concepire da ex DS): infatti ben un terzo del comitato promotore può essere costituito da personalità varie, a patto che il loro ingresso sia approvato dal comitato promotore stesso, che, almeno nella fase di start-up, è composto dai soliti noti delegati al congresso dei DS.
Io non ce l'ho contro i delegati. Tutte persone di grande spessore. Solo che ho difficoltà a capire, ed è un mio limite, come abbiano fatto ad approvare questo statuto. E il pensiero che queste stesse persone abbiano il delicato compito di decidere se una personalità sia o meno all'altezza di entrare a far parte del comitato promotore, mi lascia perplessa.
Allora, davanti a tutte queste misure di sicurezza, mentre scorro il documento, mi viene da pensare che almeno il comitato promotore, così rigidamente strutturato e concepito, con tutto questo potenziale intellettivo di personalità esterne e, mi permetto di aggiungere, di delegati al congresso dei DS, abbia un certo rilievo politico all'interno del movimento. E invece, come si poteva capire dal nome, il compito del comitato promotore è quello di lanciare la fase di adesione al movimento.
E credo a questo punto di poter cogliere finalmente l'idea davvero innovativa di questo bello statuto (concepito in teoria per regolamentare un movimento politico allargato e di largo respiro), che è quella di scomodare le personalità del mondo civile non per usufruire egoisticamente del contributo che queste potrebbero dare in termini di contenuti e di idee: no! Per metterle molto più generosamente, senza approfittarne troppo, in vetrina. All'unico scopo di recuperare adesioni. Un vecchio trucco di partito, quello di mandare avanti facce spendibili, per allargare i consensi, mentre le fila sono tenute da altri.
Dopo un'organizzazione di questo tipo, che consente senza dubbio di creare un movimento che parte dal basso, perché, non scordiamolo, dà agli iscritti il diritto di partecipare alla non meglio identificata “attività dell'Associazione”, purtroppo ai soci fondatori resta solo il potere di assumere decisioni di carattere statutario e politico.
E non ci deluderanno. Tranquilli!
Per fortuna esiste anche un direttivo. Il direttivo è costituito, oltre che da parlamentari e varie figure istituzionali di SD, anche dai coordinatori delle regioni e delle città metropolitane.
Ora, che dopo lo scempio compiuto ai danni della democrazia nei precedenti articoli, non si spenda neanche una parola su come si diventa coordinatore regionale e di città metropolitane (ovvero se per elezione democratica o per investitura), è fatto puramente casuale. È una svista. Ovviamente. D'altronde si tratta di uno statuto provvisorio. Non sottilizziamo. Chi rappresenta il coordinatore regionale? I soci fondatori e le loro idee agli occhi degli iscritti ovvero gli iscritti e le loro idee agli occhi dei soci fondatori? Mah!
A questo punto dirò una cosa forte, Salvi e tutti i soci fondatori si siedano onde evitare malori: potere al popolo. Non vi deluderà!
Le idee sulla linea politica devono venire dal basso, dalle personalità così come dalla gente comune. Tutti devono potersi esprimere. La sfida è proprio questa. Stimolare la società civile affinché si convinca che il suo contributo e la sua partecipazione sono necessari se si vogliono risollevare le sorti del Paese. Le decisioni di carattere statutario e politico devono essere prese dalle assemblee degli iscritti. I dibattiti sui vari temi non si devono tenere solo tra iscritti chiusi nei circoli; lo sforzo continuo deve essere quello di coinvolgere ogni volta persone nuove. Anche solo trovare il modo di far ciò risolve l'aspetto partecipativo del movimento.
Non è facile, ma dobbiamo tentare con tutte le nostre forze. E soprattutto i dibattiti devono preludere e si devono concludere con la presa di decisioni da pesarsi poi sull'onesto piatto della bilancia democratica sia a livello locale che nazionale. Il cuore pulsante del movimento non possono essere i delegati al congresso dei DS. Abbiate pazienza! Con tutto il rispetto. E invece nello statuto tutto ruota intorno a loro. E intorno ai soci fondatori.
Il cuore pulsante, da cui il movimento può trarre forza, può essere solo la società civile. Anche per sfaldare una volta per tutte la dicotomia elettore-politico. L'elettore deve essere persona politica, persona che si occupa di politica. La partecipazione di tutti comporta l'innesco vitale di un conseguente processo di responsabilizzazione di tutti. Anche l'atto di andare a votare assume un significato diverso, più completo. Mentre la società ha bisogno di una vera e propria rieducazione, riabilitazione all'uso del proprio potere civico, questo statuto la relega ancora una volta all'eterno ruolo di elettrice passiva, stimolata tuttalpiù dal richiamo del nome della personalità di turno.
Perché siamo caduti così in basso? Stavamo andando bene! Insomma questo non è lo statuto di un movimento. Questo è lo statuto di un partitino. Partitino che vola anche piuttosto basso, direi.
Forza signori, ricominciamo daccapo. Dalle parole che ci siamo detti il 5 maggio.
Ho rispetto del lavoro degli altri. Ma qualcosa su questo documento vorrei dirla anch'io. Non lo condivido. Non condivido l'impostazione fortemente verticistica che è stata data all'organizzazione. Questo statuto non ha nulla a che vedere con l'idea di movimento che parte dal basso, coinvolgendo persone della società civile. Che è quanto si è abbondantemente ripetuto fino ad ora. Perché le parole finora sono state bellissime. Ma i fatti, gli atti, gli scripta, che manent e dettano le regole, sono bruttissimi. E tradiscono le premesse e le aspettative. Senza pietà.
Leggendo lo statuto, parte della robusta fiducia che avevo riposto nel progetto di SD mi è venuta a mancare. Comincia a serpeggiare nel mio animo l'orrendo sospetto che tutta l'operazione SD, al pari di quella per il PD, sia un processo di crioconservazione a beneficio di qualche depositario della Verità politica, impegnato soprattutto e tutt'al più a difendere e rinsaldare le posizioni di un qualche suo luogotenente. E bisogna dire che in Sardegna, da questo punto di vista, non ci siamo fatti mancare nulla.
Ma voglio essere ottimista e pensare che siamo ancora in tempo a correggere il tiro. Ricordo perfettamente la giornata del 5 maggio a Roma e il bel clima che tutti abbiamo respirato, allargando bene i polmoni per ossigenarli con la fondata speranza che una politica diversa, una politica migliore fosse possibile. Tutte quelle belle parole sulla rivoluzione culturale politica e sulla partecipazione buttate al vento!
E sì che Salvi l'aveva preannunciato: «Non vi deluderemo!». Quanto ha stonato quella frase con tutto il resto! Come se noi fossimo nelle loro mani, alla stregua di soggetti poco pensanti in attesa del Verbo. Ecco la fine che ha fatto la concezione democratica del movimento … All'apparir del vero tu, misera, cadesti …
Per entrare nel merito della questione, comincio ad analizzare il ruolo degli iscritti, ovvero di tutte quelle persone che, aderendo al movimento, devono farsi, a mio modo di pensare, democraticamente protagoniste del movimento stesso. Ebbene, il ruolo concepito nello statuto per gli iscritti è a dir poco fondamentale: essi hanno il diritto di partecipare all'attività dell'Associazione (… ma non era un movimento?) e, mano al portafogli, annualmente, l'obbligo di versare la quota di iscrizione.
Dette così, senza specificare altro, le parole “attività dell'Associazione”, chissà perché, mi evocano l'immagine del popolo grondante di sudore impegnato ad arrostire salsicce alle feste, o con le bolle ai piedi dopo una bella giornata di volantinaggio; o anche l'immagine della parte un po' più intellettuale del popolo, impegnata in interminabili discussioni, leggermente fine a se stesse, su temi, però, alquanto importanti. Quest'ultima immagine prende concretezza grazie alle delucidazioni di un articolo successivo, dove si dice che territorialmente ci si può persino organizzare in circoli di studio o tematici.
In fondo, che cosa dovrei aspettarmi da persone cresciute politicamente nei DS? L'impostazione mentale è quella. Non si riesce proprio a concepire, se non a parole, il cambiamento vero delle cose.
Poi c'è questo bell'organismo denominato “Comitato Promotore” che è ingessato nelle figure dei delegati nonché de-le-ga-te al congresso DS. Ed è qua che in realtà gli autori dello statuto danno fondo al concetto di “movimento allargato alla società civile” (di più, evidentemente, non si poteva concepire da ex DS): infatti ben un terzo del comitato promotore può essere costituito da personalità varie, a patto che il loro ingresso sia approvato dal comitato promotore stesso, che, almeno nella fase di start-up, è composto dai soliti noti delegati al congresso dei DS.
Io non ce l'ho contro i delegati. Tutte persone di grande spessore. Solo che ho difficoltà a capire, ed è un mio limite, come abbiano fatto ad approvare questo statuto. E il pensiero che queste stesse persone abbiano il delicato compito di decidere se una personalità sia o meno all'altezza di entrare a far parte del comitato promotore, mi lascia perplessa.
Allora, davanti a tutte queste misure di sicurezza, mentre scorro il documento, mi viene da pensare che almeno il comitato promotore, così rigidamente strutturato e concepito, con tutto questo potenziale intellettivo di personalità esterne e, mi permetto di aggiungere, di delegati al congresso dei DS, abbia un certo rilievo politico all'interno del movimento. E invece, come si poteva capire dal nome, il compito del comitato promotore è quello di lanciare la fase di adesione al movimento.
E credo a questo punto di poter cogliere finalmente l'idea davvero innovativa di questo bello statuto (concepito in teoria per regolamentare un movimento politico allargato e di largo respiro), che è quella di scomodare le personalità del mondo civile non per usufruire egoisticamente del contributo che queste potrebbero dare in termini di contenuti e di idee: no! Per metterle molto più generosamente, senza approfittarne troppo, in vetrina. All'unico scopo di recuperare adesioni. Un vecchio trucco di partito, quello di mandare avanti facce spendibili, per allargare i consensi, mentre le fila sono tenute da altri.
Dopo un'organizzazione di questo tipo, che consente senza dubbio di creare un movimento che parte dal basso, perché, non scordiamolo, dà agli iscritti il diritto di partecipare alla non meglio identificata “attività dell'Associazione”, purtroppo ai soci fondatori resta solo il potere di assumere decisioni di carattere statutario e politico.
E non ci deluderanno. Tranquilli!
Per fortuna esiste anche un direttivo. Il direttivo è costituito, oltre che da parlamentari e varie figure istituzionali di SD, anche dai coordinatori delle regioni e delle città metropolitane.
Ora, che dopo lo scempio compiuto ai danni della democrazia nei precedenti articoli, non si spenda neanche una parola su come si diventa coordinatore regionale e di città metropolitane (ovvero se per elezione democratica o per investitura), è fatto puramente casuale. È una svista. Ovviamente. D'altronde si tratta di uno statuto provvisorio. Non sottilizziamo. Chi rappresenta il coordinatore regionale? I soci fondatori e le loro idee agli occhi degli iscritti ovvero gli iscritti e le loro idee agli occhi dei soci fondatori? Mah!
A questo punto dirò una cosa forte, Salvi e tutti i soci fondatori si siedano onde evitare malori: potere al popolo. Non vi deluderà!
Le idee sulla linea politica devono venire dal basso, dalle personalità così come dalla gente comune. Tutti devono potersi esprimere. La sfida è proprio questa. Stimolare la società civile affinché si convinca che il suo contributo e la sua partecipazione sono necessari se si vogliono risollevare le sorti del Paese. Le decisioni di carattere statutario e politico devono essere prese dalle assemblee degli iscritti. I dibattiti sui vari temi non si devono tenere solo tra iscritti chiusi nei circoli; lo sforzo continuo deve essere quello di coinvolgere ogni volta persone nuove. Anche solo trovare il modo di far ciò risolve l'aspetto partecipativo del movimento.
Non è facile, ma dobbiamo tentare con tutte le nostre forze. E soprattutto i dibattiti devono preludere e si devono concludere con la presa di decisioni da pesarsi poi sull'onesto piatto della bilancia democratica sia a livello locale che nazionale. Il cuore pulsante del movimento non possono essere i delegati al congresso dei DS. Abbiate pazienza! Con tutto il rispetto. E invece nello statuto tutto ruota intorno a loro. E intorno ai soci fondatori.
Il cuore pulsante, da cui il movimento può trarre forza, può essere solo la società civile. Anche per sfaldare una volta per tutte la dicotomia elettore-politico. L'elettore deve essere persona politica, persona che si occupa di politica. La partecipazione di tutti comporta l'innesco vitale di un conseguente processo di responsabilizzazione di tutti. Anche l'atto di andare a votare assume un significato diverso, più completo. Mentre la società ha bisogno di una vera e propria rieducazione, riabilitazione all'uso del proprio potere civico, questo statuto la relega ancora una volta all'eterno ruolo di elettrice passiva, stimolata tuttalpiù dal richiamo del nome della personalità di turno.
Perché siamo caduti così in basso? Stavamo andando bene! Insomma questo non è lo statuto di un movimento. Questo è lo statuto di un partitino. Partitino che vola anche piuttosto basso, direi.
Forza signori, ricominciamo daccapo. Dalle parole che ci siamo detti il 5 maggio.
1 commento:
Concordo in pieno con quanto scritto da Veronica Marongiu. Purtroppo questo modo di operare dei vertici risente ancora di evidenti influenze da vecchio PCI, altro che DS.
Non solo all'interno di SD, ma anche nelle altre forze della sinistra, non si vuole ancora prendere coscenza delle vere motivazioni che sono all'origine della crisi delle forze di sinistra in Italia.
Oltre ai problemi collegati alla distanza tra i vertici e la base, esitono quelli derivanti dal distacco dai problemi della gente comune.
Purtroppo la sinistra finora c'è stata solo a parole.
Sergio Di Rosa
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