domenica 1 luglio 2007

IL SOGNO DI WALTER
di
Enrico Palmas e Carlo Dore jr.

Il discorso con cui Walter Veltroni ha ufficializzato la propria candidatura alla guida del neonato Partito Democratico ha incontrato ampi consensi nell’ambito delle forze politiche che compongono l’attuale maggioranza di governo. Alle centinaia di persone che hanno affollato i saloni del Lingotto, il Sindaco di Roma ha rappresentato con indubbia efficacia i principi su cui si fonda il modello di “Italia che ha in mente”: definitivo superamento delle grandi contrapposizioni ideologiche; partiti “leggeri e più vicini alle esigenze del cittadino”; confronto politico da impostare esclusivamente sui problemi concreti, alla ricerca dell’ideale punto di equilibrio tra sicurezza e solidarietà, flessibilità e tutela del lavoro, modernizzazione e salvaguardia del patrimonio ambientale.
Dinanzi al sogno di Walter, esultano i sostenitori di Rutelli e Fassino, nella convinzione che l’idea veltroniana della “politica lieve” costituisca il percorso utile per creare quella forte base di consenso di cui al momento necessita il nuovo partito; ma applaude anche la c.d. “sinistra radicale”, che individua nell’ex segretario del PDS “l’uomo del dialogo” capace di traghettare senza scossoni la coalizione verso le elezioni del 2011.
Tuttavia - una volta superato il contagioso entusiasmo che deriva dalle parole di un leader il quale, con onestà e convinzione, si accinge ad affrontare una sfida importante ed impegnativa- , dalla relazione proposta al popolo del Lingotto emergono per forza di cose tutti i limiti che possono caratterizzare la posizione del segretario di un partito che (privo di solidi riferimenti culturali e di precisi obiettivi da perseguire) viene costruito esclusivamente sulla base di accordi, compromessi e giochi di potere.
Premesso infatti che i partiti vengono tradizionalmente decritti come gli strumenti utili a garantire la partecipazione dei cittadini alla vita politica del Paese, costituisce una verità inconfutabile l’affermazione secondo cui un partito non può essere da un giorno all’altro inventato nel chiuso di una delle tante stanze dei bottoni: un partito viene creato per dare rilievo politico ai processi evolutivi di cui può costituire oggetto un patrimonio di idee già ben presente in seno alla società in cui il medesimo partito viene a collocarsi.
In questo senso, se la strategia berlingueriana del compromesso storico, il crollo del muro di Berlino e il conseguente approdo, da parte della principale forza della sinistra italiana, ai principi della moderna socialdemocrazia costituiscono le ragioni giustificative della trasformazione del PCI in PDS, nessuna evoluzione ideologica o culturale può essere oggi individuata a fondamento della creazione del PD.
Consapevole di questa realtà, Veltroni rilancia la sua idea del “partito-gazebo”, della forza politica contraddistinta da una struttura agile, idonea a renderla “vicina alle esigenze del cittadino” e lontana dalle obsolete ideologie che hanno attraversato il ‘900. Tuttavia, premesso che già in passato la filosofia del “I care” si rivelò nefasta per i DS - i quali assistettero impotenti al crollo di una roccaforte rossa come Bologna dinanzi all’incedere della marcia trionfale di Guazzaloca-, il sogno del Sindaco di Roma presenta almeno due potenziali contraddizioni: in primo luogo, si è più volte ribadito che il già descritto modello del “partito – gazebo” made in USA costituisce un’evidente anomalia rispetto agli equilibri che governano i sistemi politici del resto d’Europa, considerato che tutti progressisti del Vecchio Continente sono rappresentati, nell’ambito dei paesi di riferimento, da realtà partitiche irreversibilmente ancorate ai valori del socialismo europeo.
In secondo luogo, le peculiarità del sistema – Italia impongono alle forze del centro-sinistra di impostare proprio sul piano delle idee, dell’etica dei principi e dell’incisività delle scelte operative il confronto con quella variegata banda di fascisti in doppio petto, preti invasati e razzisti in camicia verde che risponde agli ordini del Caimano, nella consapevolezza che solo la luce della buona politica può trionfare sulle tenebre dell’antipolitica.
Andando quindi oltre le delicate formule della “politica lieve” e del partito-gazebo, Veltroni ha l’obbligo di coltivare un più realistico sogno: il sogno di ridare all’elettorato progressista entusiasmo e fiducia in quel patrimonio di idee e valori di cui da sempre la sinistra italiana è portatrice, nella consapevolezza del fatto che la forza delle idee costituisce l’essenza stessa della buona politica.

Nessun commento: